Castelluccio di Norcia
Un paradiso incontaminato nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini
CASTELLUCCIO DI NORCIA
Castelluccio è un piccolo borgo dell’Umbria situato all’interno del “Parco Nazionale dei Monti Sibillini”. Il paesino è arroccato su un colle a 1452 metri di altitudine. Sotto di esso, ai piedi dell’imponente massiccio del “Vettore”, si estende un vasto altipiano suddiviso in tre distinte zone: “il Pian Grande, il Pian Piccolo e il Pian Perduto”. Tale pianura (la seconda più alta d’Italia) ha una superficie di 79,31 km quadrati. Nella parte meridionale del “pian Grande” c’è la manifestazione per eccellenza del carsismo degli altipiani appenninici: “il Fosso dei Mergani” che si sviluppa per circa tre km e “l’Inghiottitoio” che, come un imbuto finale, raccoglie le acque di scolo (circa 60 milioni di metri cubi l’anno) dell’intero bacino. L’economia della zona è strettamente legata all’attività della pastorizia che ancora costituisce una buona parte degli introiti degli abitanti. Ad essa va aggiunta l’agricoltura, con la produzione di prodotti tipici come le famose “Lenticchie di Castelluccio”.
LA FIORITURA DEI PIANI
“La Piana di Castelluccio” è circondata da un cordone di montagne e colline della Catena dei Sibillini, tra la fine di Giugno e i primi giorni di Luglio si cosparge un tappeto di colori talmente spettacolare da essere noto con il nome di “Fioritura”. I fiori diventano i veri e propri protagonisti del paesaggio quando grandi distese di papaveri si alternano a meravigliose estensioni di margherite. Di straordinario impatto sono in realtà le cosiddette piante infestanti che invadono soprattutto i campi in cui nasce la “Lenticchia”. Genziane, Narcisi, Violette, Ranuncoli, e Asfodeli rendono omaggio alla rinascita della natura. L’intensità cromatica varia da un anno all’altro, a seconda delle pratiche agricole effettuate e dell’andamento delle condizioni meteorologiche.
LO STAGNO ROSSO
Una scoperta straordinaria riguarda la ricomparsa negli ultimi anni “ dell’Euglena Sanguinea”. Questo tipo di alga, solitamente, ma non sempre, nel periodo che va da Giugno a Settembre, colora di un magnifico rosso un piccolo stagno del “Pian Peduto”. Ciò sta a significare la mancanza d’inquinamento della zona e delle sue acque, visto che è l’unico fenomeno del genere in tutto l’Appennino.
MONTE VETTORE
Il nome “Vettore” probabilmente deriva da Victor, vincitore in altezza sulle altre cime vicine. Con i suoi 2476 metri slm è classificato il monte principale della Catena dei Sibillini. Visto dall’alto ha una forma a ferro di cavallo che inizia nella parte occidentale da “Forca Viola”(1936 M slm) e si prolunga, in quota, fino alla “Cima del Redentore”, la vetta più alta del versante occidentale (2448 M slm), snodandosi di seguito verso est e più verso nord descrivendo un semicerchio quasi perfetto, avente un diametro di circa 1,6 km. Tra la cima del “Monte Vettore” e l’ampio cerchio di origine glaciale, delimitato dalle rocciose cime del “Pizzo del Diavolo” è collocato a quota 1940 M slm, il famoso “Lago di Pilato”. Nelle sue gelide acque è presente un crostaceo unico al mondo, il “Chirocephalus Marchesoni”. È un filopode lungo circa un centimetro, somigliante a una piccola piuma rosata, con due occhietti neri a punta. Nuota all’indietro con il ventre all’insù. A quota 2110 M slm si può ammirare “Lo Scoglio dell’Aquila”, una parete rocciosa di circa 200 metri di altezza. È il posto dove l’Aquila Reale nidifica.
LEGGENDA DEL LAGO DI PILATO
La denominazione del “Lago di Pilato”, secondo testimonianze letterarie, risale al 1200-1300 d.c. Narra la tradizione che Pilato, condannato a morte dall’imperatore Vespasiano, ordinò che il suo cadavere fosse lasciato su un carro tirato da due bufali. Questi, giunsero da Roma con il loro triste carico, fin sulla Cima del “Monte Vettore”, e da li si gettarono nel lago, le cui acque da quel giorno, popolate da demoni si tingono di rosso. Fu frequentato sin dal medioevo, se non prima, da maghi e stregoni, che si recavano fin lassù per “consacrare” i loro strumenti malefici. (Testo tratto da: Le leggende dei Monti Sibillini)
LEGGENDA : LE FATE
La leggenda della fate si ricollega strettamene con quella della Sibilla e della Maga Alcina. Esse sono le sue ancelle e, dietro l’apparente bellezza nascondono un’indole demoniaca rivelabile dai piedi caprini, simboli di natura libidinosa. Come nelle fiabe, possono restare fra gli uomini solo di notte ma, all’apparire dell’alba, non devono farsi scoprire. Hanno l’abitudine di frequentare il ballo nei paesi attorno al Vettore (Castelluccio, Foce). Accadde una volta che l’alba le sorprese a Castelluccio; terrorizzate fuggirono di gran carriera lungo una parete del Vettore lasciando dietro di loro una lunga striscia biancastra (la strada delle fate, faglia che attraversa irregolarmente il Vettore attorno a quota 2000 metri). (Testo tratto dal libro “Castelluccio di Norcia, il tetto dell’Umbria)